E ora? Che si fa? Si potrebbe lavorare
Rifletto da ieri su queste elezioni e seguito ad imbattermi in elementi positivi ed in considerazioni negative. Ma in fondo è sempre così, non esistono situazioni perfette in termini assoluti, ma risultati contestualizzati alle condizioni date.
Tengo innanzitutto a togliermi un sassolino dalla scarpa, solo per amor proprio mio e di tanta gente come me che lavora a testa china dalla mattina alla sera senza sconti. Caro Beppe, ho quasi 40 anni, non sono pensionata, non ho mai trovato lavoro per raccomandazione (né ho santi in paradiso per mantenerlo), credo nel cambiamento perché sono convinta che stare fermi di fatto è arretrare e non giustifico in alcun modo mazzette, favori, piaggeria e via dicendo; semplicemente credo in una rivoluzione diversa da quella del “vaffa” e non credo che chi non la pensa come me sia sempre un ebete. Credo nella parola collaborazione oserei dire a tutti i costi e vedo lo scontro frontale solo come sconfitta finale di tutte le parti in gioco. Punto.
Detto questo, anche stavolta i termini vincere e perdere non hanno alcun significato, perché non vedo un “noi” ed un “loro” se non un “noi” del 58,68% che abbiamo votato ed un “loro” del 41,32% che si sono astenuti. E purtroppo “loro” sono il gruppo compatto più pesante. Ecco, la politica, la buona politica, ha perso ancora, perché non è riuscita a coinvolgere; stranamente sempre nel caso delle elezioni europee.
Tendenzialmente non interessa cosa accade fuori dal proprio orto, un po’ forse per colpa di questa Europa astratta, burocratica, “cattiva” e lontana, un po’ perché siamo fatti così, Italia-centrici, focalizzati sul qui e ora, disinteressati alle possibilità che si potrebbero creare lavorandoci sopra. Questo mi fa male, molto più di Grillo che inveisce contro chiunque non la pensi come lui, molto più di Renzi ciarliero e buonista in maniera stucchevole, molto più di Berlusconi che non ha il pudore di mollare. Perché siamo noi che non sappiamo afferrare con vigore il nostro diritto-dovere di voto se non quando si parla del nostro prezioso comune (il 71% di votanti alle amministrative parla da sé).
Considerato il partito del non voto, ovviamente la valanga PD si ridimensiona molto (significativo l’esempio numerico fatto dal mio amico Marco in questo post). Vero è che in numeri assoluti si sono mossi diversi milioni di voti rispetto al 2013: il PD guadagna circa 2.500.000 voti, mentre il M5S brucia circa 2.900.000 voti (ignoro FI solo perché è ovvio che senza Berlusconi in campagna acquisti i numeri non potevano essere diversi). Non mi stupisce in maniera particolare il risultato del PD: come dicevamo, 11 milioni di preferenze sul totale votanti sono molte ma in fondo solo un 24% ed è innegabile che la sinistra non vedeva un leader un po’ più giovane e dinamico da diversi decenni. Più che altro mi fanno pensare i voti persi per la strada in un solo anno dal movimento: solo un voto di protesta che si è smarrito per la strada? Non mi convince questa facile giustificazione: fino all’anno scorso chi voleva manifestare il proprio dissenso disertava le urne, adesso ha il M5S, perché non reiterare la protesta? Forse quei 2,9 milioni sono rimasti scottati da due fattori: da questo anno inconcludente e dall’aver creduto che il cambiamento (la scatoletta di tonno aperta dall’interno) si potesse compiere in un nano secondo, senza sforzo. Di Battista ha detto per me una cosa molto vera: “ci vuole più tempo del previsto per il cambiamento culturale”. Non credo nelle rivoluzioni frettolose, giustizialiste e generiche. Credo che tutti noi, persone oneste e lavoratrici, vogliamo una sanità migliore, una politica etica, nessuna collusione con la mafia e più lavoro per tutti; sono i modi che fanno la differenza e le priorità che ci diamo.
Adesso però aleggia la domanda: quindi? Che si fa?
Il plebiscito anche a livello amministrativo carica di ulteriori aspettative un governo che, dopo soli 80 giorni, ha ancora tutto da dimostrare. E non dimentichiamo che in parlamento la composizione è ancora quella delle elezioni 2013. Siamo sicuri che questo consenso elettorale possa portare tutti a miti consigli per LAVORARE?
Di questo abbiamo bisogno: di gente che lavora, a testa china, anche per piccoli progetti purché inseriti in un programma di ampio respiro che si chiama non solo Italia, ma anche Europa, che prevede solo un “noi”, TUTTI noi, ciascuno con le proprie competenze e capacità.
Convinta che il governo Renzi possa tutto questo? No, ma vigilo e sono disposta a dare una possibilità. Non tanto per il Presidente del Consiglio in sé, ma perché ci sono tante persone nuove (nel M5S, nel PD e in altri gruppi), pulite di testa e desiderose di darsi da fare: loro possono essere quel ricambio silenzioso e progressivo che getta un seme.
4 Comments
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