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18 Novembre 2016
Visitare Roma: una giornata
1 Gennaio 2017

Visitare Milano in un Giorno

Per la festa di Ognissanti mi sono concessa un lusso insperato: fare la turista per un giorno a Milano. Un po’ la conoscevo già, ma era da un po’ di tempo che avevo la sensazione di una città che ha tanto da offrire: musei, monumenti, chiese, piazze ed edifici bellissimi.

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Perciò, quel martedì mattina, lascio l’hotel in direzione Mudec. Prima nota positiva: il sito del Museo delle Culture non è solo ricco di informazioni e molto dinamico, ma dà subito in home page indicazioni utili per arrivare là: il ponte di Porta Genova vicino alla fermata della metro è chiuso e perciò il percorso alternativo è dalla fermata di S. Agostino. Sono dieci minuti a piedi e, se la giornata non è di pioggia, sono piacevoli e rilassanti.

Il Mudec è contemporaneo e paragonabile ai grandi musei internazionali per struttura e organizzazione. Nell’area dell’ex fabbrica Ansaldo, in zona Tortona, linee pulite in una rilassante scala di grigi, ambienti essenziali e spazi ben organizzati ospitano un grande museo di vocazione interculturale, con un’ampia proposta diversificata. Il Museo comprende una collezione permanente e alcune mostre temporanee. La permanente, che è ad ingresso gratuito fino al 31 agosto 2017, riunisce un patrimonio eterogeneo, sia come provenienza che come contenuti: più di 7.000 opere  di alto valore culturale, oggetti d’uso e tessuti che aiutano a comprendere quali siano state nel corso del tempo le motivazioni che hanno spinto gli uomini a varcare i propri confini guardando verso nuovi mondi (gusto per l’esotico, scoperta scientifica, desiderio di conquista o motivazioni prettamente commerciali). Tutte opere che arrivano al patrimonio del Comune di Milano da diverse collezioni private, dopo molte vicissitudini in cui diversi oggetti sono andati perduti e che, riunite, ripercorrono la sete di cultura dell’uomo nel corso dei secoli.

Attualmente le mostre temporanee fino al 26/02/2017, sono: Homo Sapiens – Le Nuove Storie dell’Evoluzione Umana e Jean-Michel Basquiat. Non essendo una critica d’arte molto ferrata, ho dato solo un’occhiata al percorso storico – artistico di Basquiat, allestito all’esterno della mostra, e mi sono dedicata all’altra esposizione (la storia mi ha sempre affascinato). Ci sono code distinte e ovviamente la coda per l’artista era piuttosto lunga: avessi di nuovo occasione, sicuramente tornerei per conoscere l’estro di Basquiat. Homo Sapiens è un viaggio nella nostra storia intrecciata con quella della terra, durante il quale apprendere che non è mai esistita un’unica specie umana, che il concetto di razza è da sempre labile e trasversale e che, soprattutto, la velocità di crescita della popolazione è aumentata in maniera più che esponenziale. Ci sono interessanti reperti originali provenienti da tutto il mondo, ma soprattutto si tratta di un percorso che, grazie all’unione di diversi linguaggi espositivi, è adatto ad un pubblico di tutte le età (mi sono piaciute molto alcune postazioni interattive che divertivano i più giovani e aiutavano gli adulti a riflettere in parallelo tra storia e contemporaneità). Modelli in scala reale, istallazioni, suoni e colori raccontano le “prime volte” della nostra evoluzione e le grandi migrazioni, aiutano a riflettere su razze e razzismo e rendono evidenti le mescolanze culturali superando le diversità biologiche e geografiche. Costo 12 euro: raccomandato.

Per chi volesse indulgere nei piaceri del palato, all’ultimo piano del Mudec lo chef 2 stelle Michelin Enrico Bartolini gestisce il ristorante e al piano terreno il bistrot, più veloce e meno impegnativo.

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Io, che volevo fare tante cose, ho preferito soprassedere e quindi, finita la visita, me ne sono andata a piedi verso Via Savona; lì ho mangiato un piatto al volo in un locale bio con ottimi succhi naturali. Quella zona di Milano, decadente e contemporanea, invoglia a fare due passi: negozi particolari, boutique di nicchia assoluta e murales che catturano l’attenzione. Corso Genova ti riporta invece dentro Milano: strade ampie, tram e tanta gente che corre. Ecco, a Milano la gente ha sempre una meta. In una giornata di sole, però, anche questo incedere sicuro regala energia.

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Obiettivo dopo il Mudec: scoprire altri tesori di Milano, la sua eredità romana e la sua ricca storia cinquecentesca. Nel mio itinerario ho ricompreso alcune tappe tutte raggiungibili a piedi: la Basilica di San Lorenzo Maggiore a Porta Ticinese, la Basilica di Sant’Ambrogio, Santa Maria delle Grazie, La Chiesa di San Maurizio, il Castello Sforzesco e il Duomo. Ovviamente non c’è tempo per visitare tutto in modo approfondito, ma sicuramente per imparare a muoversi per la città. Consiglio di scaricare dal sito www.turismo.milano.it la app ufficiale VisitMilano e, c’è anche da dire, che tutta la città è ricca di totem con informazioni storico-culturali delle principali attrazioni e dei luoghi che hanno fatto la storia del capoluogo meneghino.

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Da Corso Genova ho raggiunto l’Anfiteatro Romano che è in Via De Amicis. E’ ad ingresso libero, con orario continuato (ridotto in inverno) e chiuso di domenica e lunedì (purtroppo era chiuso per Ognissanti). Edificato nel I secolo d.C., l’Anfiteatro era riservato ai giochi dei gladiatori e alle battaglie navali; sorgeva fuori le mura della città per motivi di ordine pubblico ed era coperto dal velarium per proteggere gli spettatori dal sole (esattamente come il Colosseo). Fu dismesso in epoca cristiana perché i giochi furono interdetti e nel V secolo molti blocchi in pietra dell’edificio furono usati per le fondamenta  della vicina Basilica di San Lorenzo. Oggi i resti sono scarni, per quanto l’area sia vasta. Il chiostro di accesso all’Anfiteatro costituisce una piacevole oasi per una breve sosta.

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La sera precedente, passando, una sapiente illuminazione mi aveva fatto intravedere le colonne di San Lorenzo; non sapevo cosa fossero, ma avendo un’idea della zona mi sono messa alla ricerca finché non le ho intraviste oltre Porta Ticinese. Le Colonne di San Lorenzo sono uno dei pochi resti della Milano Imperiale che fu capitale dell’Impero Romano d’Occidente tra il IV e il V secolo d.C.. Durante questo periodo, l’antica Mediolanum, a pianta tipica romana con cardo e decumano che si intersecavano nel centro cittadino, il Foro,  fu impreziosita da terme, circo, mausoleo e palazzo imperiale. Il colonnato di San Lorenzo è una indelebile rappresentanza di quello splendore, in quanto fu eretto nel V secolo circa come prospetto scenografico antistante la chiesa di San Lorenzo e fu costruito con colonne, capitelli e basi molto più antichi, provenienti da sconosciuti edifici pubblici del II secolo d.C.. I capitelli sono per questo tutti differenti come stile e dimensioni, tanto che ai più bassi fu aggiunta una base in grado di portarli al livello dei più alti. Accanto a questo angolo di storia, si trova Corso di Porta Ticinese, con negozi alla moda e locali e nel mezzo i binari del tram.

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La antistante Basilica di San Lorenzo è un gioiello architettonico e scenografico. La costruzione del primo edificio risale al IV secolo e fu il maggiore a pianta centrale quadrata dell’Impero Romano d’Occidente; nel tempo subì diversi interventi che comunque ne preservarono l’impianto paleocristiano. Nel 1573 il crollo della cupola portò alla edificazione di una nuova cupola ottagonale e nel Seicento furono costruite le due canoniche. La facciata attuale è relativamente recente e risale al 1894. Lungo il perimetro interno si aprono le cappelle e la sacrestia; dell’epoca paleocristiana sono ancora evidenti i mosaici della cappella di Sant’Aquilino e gli affreschi del matroneo. Bella e affollata, ma silenziosa.

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Con una piacevole passeggiata lungo Via Gian Giacomo Mora, Via Caminadella e Via Lanzone sono arrivata alla Basilica di Sant’Ambrogio. Anni che frequento Milano e neanche sapevo dove fosse. Appena arrivata mi ha colpito il numero di turisti ma anche di Milanesi che tengono molto a questo imponente complesso dedicato al santo patrono e definito la seconda chiesa di Milano. Considerata un magnifico esempio di architettura romanica lombarda, la chiesa fu edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo Ambrogio e in origine era chiamata “Basilica Martyrum“. Sorse al centro di una grande area riservata alle sepolture cristiane e, dedicata originariamente ai martiri Gervasio e Protasio, era destinata ad accogliere la tomba del vescovo fondatore. Nel 789 fu affiancata da un monastero benedettino, ma l’aspetto attuale risale principalmente alla fine del Mille, quando venne ristrutturata secondo i canoni dell’architettura romanica: fu mantenuta la pianta originale a tre navate e facciata a “capanna” con due logge sovrapposte che suggeriscono già l’atmosfera raccolta dell’interno. Ai lati, due campanili: quello a destra del 842 definito dei Monaci e quello a sinistra del 1141 dei Canonici. La basilica custodisce particolari e preziose opere d’arte, come il “sarcofago di Stilicone“, l’altare d’oro di Volvino, il ciborio in stucco del IX-X secolo e il coro in legno intagliato. Nel corso dei secoli inoltre molti artisti hanno lasciato la propria impronta, primo fra tutti Donato Bramante, famoso architetto di Urbino e attivo durante la signoria degli Sforza, cui alla fine del ‘400 furono affidate importanti opere come la progettazione della nuova canonica, del monastero  e le cappelle della chiesa. So tutto questo perché la chiesa è ricca di pannelli con informazioni e il sito della città di Milano è molto dettagliato!

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La piazza antistante la basilica è enorme e da notare che la zona è molto frequentata anche dagli studenti perché ospita l’Università Cattolica del Sacro Cuore, fondata da padre Agostino Gemelli nel 1921 inglobando l’antico monastero cistercense di Sant’Ambrogio tra cui i famosi Chiostri Bramanteschi.

Me ne vado per Via San Vittore desiderosa di arrivare a Santa Maria delle Grazie e subito mi imbatto nella Pusterla di Sant’Ambrogio, curioso monumento che googlando scopro essere stato eretto nel 1939 da Gino Chierici ad imitazione di un’antica porta difensiva: in sostanza, due torri e un ingresso costruiti utilizzando laterizi originali dell’antica cinta muraria del Medioevo. Pare che fino a qualche anno fa il monumento fosse noto perché una delle torri ospitava la Mostra Permanente di Criminologia e Armi Antiche medievali.

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Dall’altro lato, subito dopo, il Castello Cova, unico, monumentale e assolutamente eccentrico. Progettato da Adolfo Coppedè, si nota subito perché costruito con mattoni in cotto e decorato in pietra bianca, arricchito da merlate guelfe, una bella torre angolare e loggia coperta come tante dimore fiorentine. Sì, Via San Vittore si presenta subito così, strada ricca di bei palazzi aristocratici e monumentali.

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Poco dopo, seguendo due bambini entusiasti del pomeriggio che li attende, scopro l’esistenza del Museo della Scienza e della Tecnologia di fianco alla chiesa di San Vittore al Corpo. Sicuramente sarà tappa di una prossima escursione questo ex monastero che, ristrutturato nel dopo guerra, ospita ricche collezioni provenienti da privati e gruppi industriali volte a ricostruire le tappe dell’evoluzione scientifica. Allestimenti permanenti, mostre temporanee e aree didattiche interattive, tra cui spicca la Galleria Leonardo da Vinci con una raccolta di macchinari progettati da Leonardo e ricostruiti in legno.

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Risalendo l’aristocratica via Zenale arrivo finalmente a Santa Maria delle Grazie ingenuamente convinta di poter entrare al Museo del Cenacolo Vinciano. Non fatevi ingannare dalle indicazioni per la biglietteria: il museo è talmente frequentato che i biglietti si possono solo acquistare su internet con un anticipo di almeno 15 giorni e ritirarli sul posto. Comunque anche la chiesa vale il viaggio. Il complesso con chiesa, chiostro, refettorio e sagrestia, che dal 1980 fa parte del Patrimonio Mondiale Unesco, fu realizzato nella seconda metà del ‘400 come sede milanese dei Domenicani, con forme tardogotiche. Ludovico il Moro commissionò poi il rinnovamento della chiesa per farne il proprio mausoleo e anche in questa sede il Bramante espresse la propria maestria. Nel refettorio è ubicata la famosa Ultima Cena di Leonardo da Vinci, realizzata con tecniche sperimentali che la rendono unica, per quanto molto delicata.

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Mancata la possibilità di ammirare il cenacolo vinciano, proseguo su Corso Magenta, chiamato così dopo il 1859 in onore della vittoria riportata contro gli Austriaci a Magenta. Il primo sviluppo urbanistico di questa zona risale alla fine del ‘400 grazie a Ludovico il Moro che promosse l’edificazione del cosiddetto “Borgo delle Grazie”, dove ebbero dimora i cortigiani più fidati. Oggi è un quartiere ricco di testimonianze storico-artistiche di epoche diverse, fra cui Sant’Ambrogio, Santa Maria delle Grazie e per l’appunto il Museo Archeologico e la Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, dove sono arrivata.

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La Chiesa di San Maurizio e il chiostro adiacente, che oggi ospita il Museo Archeologico, sono ciò che rimane del Monastero Maggiore, il più antico convento femminile della città, realizzato tra l’VIII e il IX secolo. La chiesa attuale, a ingresso libero, fu edificata a inizio ‘500 sul sito di quella preesistente ed è costituita da due ambienti: il primo accessibile dalla strada era destinato ai fedeli mentre il secondo era riservato alle monache di clausura e arricchito dal coro ligneo cinquecentesco. Si dice che sia la Cappella Sistina di Milano… Effettivamente ospita uno dei più importanti cicli di affreschi del Cinquecento lombardo, in parte opera di Bernardino Luini. Sono rimasta a bocca aperta per un tempo lunghissimo e quasi infastidita dall’impossibilità di catturarne la grandiosità, i soggetti, i colori e la luce.

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Ho proseguito su Via Meravigli e sono arrivata al Castello Sforzesco: troppo tardi per entrare, ma il tempo sufficiente per un paio di scatti e leggere due notizie. Il primo nucleo fu edificato dal 1358 al 1368 e fu originariamente un presidio militare. Proseguirono poi i lavori di costruzione di una vera e propria fortezza, finché Francesco Sforza, signore di Milano dal 1450, diede un grande e definitivo impulso alla ricostruzione e ampliamento dell’edificio, danneggiato gravemente fra il 1447 e il 1450. Oggi il Castello è sede dei Musei Civici e dal 1896 ospita collezioni artistiche ampie e importanti fra cui il Museo di Arte Antica, il Museo delle Arti Decorative, il Museo Egizio e alcune illustri biblioteche. Diciamo che ci vorrà una giornata intera per apprezzarlo veramente!

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Ormai la giornata volgeva al termine, perciò son tornata verso piazza Duomo passando per Via Orefici, Piazza Cordusio, bellissima illuminata all’imbrunire, e Via Mercanti. La struttura del Palazzo della Regione mi affascina tutte le volte che ci passo vicino e poi trovarsi davanti il Duomo con la Madonnina d’oro non ha prezzo. E’ scenografico ed è il più grande edificio gotico d’Italia, realizzato in marmo bianco rosato delle cave di Candoglia. Ho letto che i lavori di costruzione durarono 5 secoli e tanti architetti, scultori e artisti, sia italiani che europei, si avvicendarono nelle attività, tanto che il risultato è uno stile unico che unisce il gotico d’oltralpe con la più classica tradizione lombarda. In Piazza Duomo non manca mai un cantante di strada a far compagnia ai passanti e la Galleria Vittorio Emanuele illuminata è la degna conclusione di qualsiasi passeggiata.

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Stanca nelle gambe, ma felice nell’animo, me ne vado via… Non basta una giornata per conoscere Milano, ma è sufficiente per far nascere un amore.

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